Secondo un recente studio scientifico, il 56% dei ginecologici italiani crede erroneamente che il limite dell’età fertile della donna sia tra i 44 e i 50 anni e che la procreazione assistita possa sempre sopperire ai problemi di infertilità. Le pazienti invece ignorano che già dai 35 anni la fertilità declina rapidamente e anche i medici di base sono insufficientemente informati su questo tema.
Per queste ragioni il Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, parte del Gruppo San Donato, desidera condividere queste informazioni per avviare percorsi di prevenzione, diagnostici e terapeutici per fronteggiare prontamente la sterilità di coppia.
Calo della natalità e deficit nel settore sanitario
La denatalità, ovvero l’arresto della crescita demografica connessa alle nuove nascite, in Italia sta assumendo dimensioni e caratteristiche allarmanti: i nascituri di questi ultimi anni sono la metà di quelli dell’epoca del baby boom. La “trappola demografica” nata da questo fenomeno è di duplice natura e conduce da una parte ad un continuo calo di nati per anno e dall’altra ad una sempre crescente diminuzione di potenziali genitori tra 20 o 30 anni.
L’infertilità di coppia interessa il 20% della popolazione in età fertile e tra le cause responsabili dell’aumento della problematica di sterilità, oltre ai fattori di rischio, alle patologie che hanno influsso sulla fertilità e alle condizioni ambientali, assume un ruolo sempre più rilevante il mutamento delle esigenze e delle abitudini sociali. Mentre una volta la famiglia veniva costituita presto e le gravidanze si conseguivano in giovane età (raramente oltre i 30 anni), i cambiamenti sociali, le necessità di studio e carriera, la difficoltà maggiore a trovare un partner o un lavoro stabile, portano sia le donne che le coppie a posporre la gravidanza.
Quando arriva il momento propizio per avere un figlio, spesso è veramente troppo tardi per poterlo concepire con i propri ovociti; la fertilità femminile, infatti, subisce un drastico declino a partire dai 35 anni. Purtroppo però nessuno spiega chiaramente che la medicina della riproduzione non è in grado di sopperire completamente al declino della fertilità, in quanto spesso sono gli stessi medici di base e ginecologi a ignorare tale aspetto.
È importante informare le coppie su questi limiti e far sì che i medici di base e ginecologi, primo riferimento per chi soffre di problemi di fertilità, sappiano affrontare le problematiche connesse con percorsi aggiornati sia nella prevenzione che nella diagnostica e nella terapia. È necessario informarli dei continui progressi in ambito di medicina della riproduzione per potere accorciare i tempi nel percorso per il raggiungimento della gravidanza, soprattutto nelle coppie dove il fattore legato all’età rappresenta la principale causa del mancato concepimento.
Prestare attenzione ai limiti dell’età fertile, all’accesso alla fecondazione assistita con gameti propri o donati e adozioni: i percorsi possibili sono molti ma devono essere illustrati alla coppia nei tempi corretti, perché in questo caso un ritardo può solo condizionare la possibilità di una coppia di diventare genitori.
Purtroppo, da un recente studio scientifico emerge invece che il 56% dei ginecologi italiani che lavorano in strutture ospedaliere pubbliche e private ritengono non rara la possibilità di avere un figlio spontaneamente e senza aborto dopo i 44 anni e fino ai 50. Il 49% è convinto che la PMA possa sopperire completamente al declino naturale della fertilità femminile, mentre solo il 44% dei medici sa come calcolare la riserva ovarica di una donna, ovvero la quantità di ovociti disponibili nelle ovaie per iniziare una gravidanza.
L’informazione ai pazienti sulla fertilità e sulla sua preservazione è ancora un argomento di massima rilevanza nella formazione e nell’aggiornamento di molti medici, un aspetto che dovrebbe destare maggiore attenzione proprio per poter dare risposte concrete alle coppie desiderose di concepire un figlio e che incontrano difficoltà in questo percorso.