Negli ultimi anni è stato registrato un aumento del numero di gravidanze multiple e, molto spesso e del tutto erroneamente, la causa viene attribuita soltanto al ricorso ai trattamenti di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) in particolar modo da parte di donne oltre i quarant’anni di età.
Se, da un lato, è certamente vero che le procedure di PMA possono rappresentare una causa importante – in particolar modo quando non viene adottata una strategia corretta e responsabile sul numero di embrioni da trasferire – ritenerli l’unica causa è un mito da sfatare. Esistono infatti fattori cruciali che possono incidere in modo significativo sui tassi di gemellarità, in primis l’età della madre.
Il dott. Mario Mignini Renzini, Direttore Medico del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi e Responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza, del Gruppo San Donato, conferma l’importanza di questa precisazione.
“Questo pensiero [che i trattamenti di PMA incidano sui parti gemellari, NdR] non è del tutto errato, ma è giusto precisare che un fattore che incide notevolmente sulla possibilità di avere una gravidanza multipla, anche in maniera naturale, è l’età della mamma. Dopo i 35 anni infatti si assiste, in maniera variabile per ogni individuo, a una riduzione della fertilità legata anche alla diminuzione della quantità e della qualità degli oociti disponibili. A questo fenomeno l’organismo risponde fisiologicamente aumentando il reclutamento follicolare innalzando il livello di FSH (ormone follicolo stimolante), prodotto dall’ipofisi, responsabile della crescita follicolare. Questo induce l’ovaio a reclutare più follicoli e a generare più ovociti.”
Un recente studio pubblicato su Obstetrics & Ginecology conferma che l’età della madre è determinante
La medesima spiegazione fisiologica dell’osservazione epidemiologica è riportata anche in una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Obstetrics & Ginecology che, focalizzandosi sull’incremento di gravidanze multiple negli ultimi trent’anni, ne ha analizzate le cause.
Rispetto agli anni Ottanta, in cui i parti gemellari rappresentavano una rarità (le statistiche parlavano di 20 casi di gemelli su 1000 nascite), nel 2010 il numero è salito a 35 su 1000. Prendendo in esame i dati dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) dal 1949 al 1966, ossia in una fase storica che non vedeva ancora alcuna disponibilità delle tecniche di PMA, lo studio ha osservato come le donne che raggiungevano una gravidanza all’età di 35 anni presentassero una probabilità dalle 3 alle 4 volte superiore che questa fosse gemellare rispetto alle primipare più giovani.
In termini prettamente socioculturali, lo sviluppo delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita consente ora alle coppie di poter rimandare il momento in cui avere un figlio, tanto che nel 2015 la percentuale di donne che ha affrontato la prima gravidanza tra i 30 e i 40 anni era pari al 42%, contro solo il 14% del 1971. D’altro canto, molte di queste donne concepiscono senza ricorrere alla PMA, ossia in modo del tutto naturale, incrementando comunque la possibilità di gravidanze multiple per le ragioni fisiologiche precedentemente illustrate.
I ricercatori sottolineano come, nel 2016, le gravidanze ottenute in età avanzata con l’ausilio di procedimenti medicalmente assistiti hanno contribuito al 24% dell’eccesso di nascite multiple, dimostrando che non tutte le gravidanze gemellari sono legate a trattamenti di PMA, quanto piuttosto che a queste andranno sommate le gravidanze naturali risultato di una decisione di voler ritardare il momento in cui diventare genitori.
Gravidanze multiple: mai suggerite dagli specialisti della fecondazione assistita
Spiega il dott. Mignini Renzini che “la maggior parte delle coppie che si sottopone a trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita vede la gravidanza gemellare come qualcosa di positivo o spesso come il male minore, pensando che in fondo sarebbe bello avere più di un figlio subito. La gravidanza gemellare e certamente ancora di più le gravidanze plurime sono però associate a una serie di complicanze che possono compromettere il decorso della gravidanza stessa e la nascita di un neonato sano, che è l’obiettivo ultimo e più importante della PMA.”
“Il problema più grave delle gravidanze multiple, oltre al decorso patologico della gravidanza per aumentato rischio di aborto, di problematiche legate alla placenta, di malattie legate alla gravidanza, come il diabete e l’ipertensione, è l’elevato rischio di parto prematuro, che si presenta nella metà dei casi, mentre nei casi di parti plurigemellari – 3 gemelli ad esempio – la gravidanza molto frequentemente termina prima della 37° settimana con la nascita di bambini prematuri. Ovviamente, un periodo di gestazione inferiore comporta un peso alla nascita inferiore, una immaturità polmonare e una morbosità e mortalità perinatale più alta. Sarebbe dunque un errore porsi l’obiettivo di ottenere, mediante la PMA, gravidanze multiple”.
“Nell’ambito dei trattamenti di fecondazione assistita le possibilità di successo sono quasi sempre maggiori trasferendo più embrioni contemporaneamente. In realtà la probabilità cumulativa di gravidanza, ovvero la possibilità di gravidanza trasferendo un embrione alla volta su più cicli, è uguale, ma si riduce drasticamente il rischio di ottenere gravidanze multiple. Per noi medici di Biogenesi, consapevoli dei rischi, è fondamentale personalizzare il numero di embrioni da trasferire nel rispetto dei desideri della coppia opportunamente informata, per preservare la salute sia della madre che del neonato.” conclude il dottore. “Possiamo dunque affermare che le gravidanze gemellari possono avere diverse cause e che nell’ambito della PMA le competenze dei medici e i desideri della coppia sono determinanti. Per noi il vero successo è la nascita di bimbi sani, senza mettere a rischio la salute della madre”.